domenica 20 dicembre 2009
Vamos a la playa...
So che sembrerò un imbecille. Non so lo spagnolo. Il mio si è fermato a "No tengo dinero, oohh ohh"; tutt'al più riesco a rischiare un "gracias" al quale riesco al massimo a far seguire un "pregos".
In realtà il castillano lo comprendo abbastanza per capire quando mi stanno mandando a fanculo, in Spagna diciamo che non muoio di fame. Il problema è con gli argentini.
Tutte le volte che un argentino mi parla, vado in pallone, non capisco nulla. Mi manca l'ossigeno sufficiente per rendermi chiara la dizione sudamericana dello spagnolo. Insomma, parlano parlano ed io non capisco un cazzo. Poi mi dispiace fare la figura di quello che non sa le lingue ed allora sorrido annuendo. Mi chiedono se preferisco la carne o il pesce ed io mostro la stessa terapeutica accondiscendenza degli psicologi durante la seduta. Mi chiedono la strada più breve per la stazione ed io mostro l'ebetismo più spinto. Insomma, faccio consapevolmente la figura del rincoglionito.
Il culmine lo raggiungo però quando, in milonga mi chiedono pareri sui testi dei pezzi. La mia risposta standard è ormai: intenso e non banale. Potrebbero cantare anche della giornata al centro commerciale, che io riuscirei a commuovermi anche di fronte alla milonga del banco frigo.
E pensare che ho anche dei parenti che hanno vissuto in Argentina. Uno zio dopo anni di latitanza nella pampa, mi raccontava dopo il rientro in Italia della sua esperienza con la lingua. Di fronte all'incapacità dei primi tempi di potersi esprimere in corretto castillano, lui parlava in dialetto valsabbino. Forse è per questo che non capisco mai quando mi parla.
Io al limite posso provare usando parti del mio dialetto, ma so già che la frase più usata sarebbe "C'at vegna un acident..."