Nei giorni scorsi, un'amica ha pubblicato un link a questa trasmissione radiofonica.
Il tema è il tango e la sua popolazione, tema abbastanza inconsueto per una emissione della radio. Inconsueta perchè questo mondo, pur così evidente e presente per qualcuno di noi, per i più è fatto di mistero, di immaginazione. Dove la rosa in bocca e il pantalone alla zuava o la gonna con lo spacco ascellare sono le figure che vengono alla mente. Stereotipi. Ma non così tanto.
Dico questo perchè ho ascoltato questa trasmissione e le telefonate che sono arrivate dagli ascoltatori. Una rivelazione, meglio, una conferma.
Dalla signora con il vecchio papà tanguero di balera, alla ballerina da poco o da tanto, tutte queste persone hanno in qualche maniera confermato una forma di attaccamento morboso a questo ballo, dove carnalità e estraniamento dalla realtà sono i fattori principali per vivere e rimanere in questo mondo. Un esercito di maniaci sessuali in overdose da tavor.
Qualcuno mi disse una volta, che l'emozione comunque deve partire da una consapevolezza corporea. Assolutamente d'accordo. Me ne rendo conto quando guardo la maggiorparte delle milonghe e vedo questa massa di dinoccolati che si muovono a tempo (poco), dove l'intensità del movimento non viene dalla dinamica, ma da strette più forti, mossettine e faccine da chat. E tutti comunque maestri e maestre.
Ma forse sono io che sbaglio.
Probabilmente dovrei cominciare a abbandonare i jeans lisi per mettere la giacca e cravatta.
Probabilmente dovrei cominciare a utilizzare la tanda parlata, dove dispenso insegnamenti e indicazioni per la ballerina.
Probabilmente dovrei cominciare a guidare con il pisello, per far sentire quanto sono intenso.
Probabilmente dovrei sentirmi realizzato solo quando sono in milonga.
Probabilmente dovrei cominciare a pensare che non ho bisogno di insegnanti, che sono arrivato.
Probabilmente dovrei darmi alla pesca sportiva.
Veron, nella sua immensa spocchiosità, una volta disse una cosa che condivido profondamente: quando balli, non devi fare niente.
Il tema è il tango e la sua popolazione, tema abbastanza inconsueto per una emissione della radio. Inconsueta perchè questo mondo, pur così evidente e presente per qualcuno di noi, per i più è fatto di mistero, di immaginazione. Dove la rosa in bocca e il pantalone alla zuava o la gonna con lo spacco ascellare sono le figure che vengono alla mente. Stereotipi. Ma non così tanto.
Dico questo perchè ho ascoltato questa trasmissione e le telefonate che sono arrivate dagli ascoltatori. Una rivelazione, meglio, una conferma.
Dalla signora con il vecchio papà tanguero di balera, alla ballerina da poco o da tanto, tutte queste persone hanno in qualche maniera confermato una forma di attaccamento morboso a questo ballo, dove carnalità e estraniamento dalla realtà sono i fattori principali per vivere e rimanere in questo mondo. Un esercito di maniaci sessuali in overdose da tavor.
Qualcuno mi disse una volta, che l'emozione comunque deve partire da una consapevolezza corporea. Assolutamente d'accordo. Me ne rendo conto quando guardo la maggiorparte delle milonghe e vedo questa massa di dinoccolati che si muovono a tempo (poco), dove l'intensità del movimento non viene dalla dinamica, ma da strette più forti, mossettine e faccine da chat. E tutti comunque maestri e maestre.
Ma forse sono io che sbaglio.
Probabilmente dovrei cominciare a abbandonare i jeans lisi per mettere la giacca e cravatta.
Probabilmente dovrei cominciare a utilizzare la tanda parlata, dove dispenso insegnamenti e indicazioni per la ballerina.
Probabilmente dovrei cominciare a guidare con il pisello, per far sentire quanto sono intenso.
Probabilmente dovrei sentirmi realizzato solo quando sono in milonga.
Probabilmente dovrei cominciare a pensare che non ho bisogno di insegnanti, che sono arrivato.
Probabilmente dovrei darmi alla pesca sportiva.
Veron, nella sua immensa spocchiosità, una volta disse una cosa che condivido profondamente: quando balli, non devi fare niente.