No, niente di grave. In realtà non mi serve un muratore, almeno non in questi giorni.
Ma stavo pensando a come ci si deve sentire ad avere un paio di corna come queste sulla testa.
Ma stavo pensando a come ci si deve sentire ad avere un paio di corna come queste sulla testa.
Mi è capitato a volte di discutere con gli amici delle relazioni con donne, ognuno millantava storie con ragazze bellissime, soprattutto straniere. Poco verificabili. Complicato chiedere ad una di Oslo se aveva avuto una relazione compromettente con Mario il barbiere o Franco il carrozziere. Io nel mio piccolo, cercavo sempre di non essere da meno e così mi trovavo ad avere relazioni con svedesi bellissime e altissime. Inimmaginabile, ma accettabile nel contesto.
Poi non tutti avevano una relazione stabile, per cui il gioco era rinnovato ogni sabato di fronte al distributore dei personal hatù di via Garibaldi, unico ad avere una panchina davanti. Il distributore per indecisi dicevamo. Una volta Oriano, mitico illibato del gruppo, li provò quasi tutti in una sera. Da solo. Lo nominammo vox populi, re della polluzione.
In un pomeriggio di novembre, passo per via Garibaldi e incrocio Antonio, per gli amici inox visto il lavoro di fabbro. Già da lontano notavo qualcosa di anormale, la faccia mi sembrava scura e truce. Mi dice solo: ho bisogno di te, stasera.
Ok e qui fermiamoci con i pensieri sbagliati. Ho sempre portato rispetto per le mani di fabbro, ma questo non significa che la cosa si debba spostare dal rispetto.
Ritornando a Antonio, il piano consisteva nel seguire la Ariella, sua fidanzata storica, nella serata del latino americano. Avremmo dovuto pedinarla con la mia 126 per tutta la sera e seguirla anche nel ritorno a casa. Quanto ad azione si trattava di poca cosa, ma provate a stare in novembre a meno tre in una fiat 126 ferma e spenta e poi ne parliamo. Già al primo parcheggio sembravamo Dolce e Gabbana in una scampagnata erotica: vetri appannati e noi buttati giù per non farci vedere. Il parcheggiatore probabilmente ci aveva visti, visto che continuava a fare il gomitino al collega.
Dopo tre ore di attesa fredda e scomoda, arriva Ariella. Strano. Non sale sulla sua auto, ma su quella di un ragazzo che l'aspetta all'uscita del parcheggio. Sudo freddo (per forza, a meno tre). Antonio non dice nulla, mi fa solo cenno con la testa di raggiungerli. Accendo finalmente la 126 che può scaldarsi e scaldarmi, nell' inconsapevolezza di quello che succederà di li a poco.
Evitando particolari inutili, dico solo che i carabinieri hanno scortato il ragazzo a casa, mentre il carroattrezzi caricava la sua auto. L'autista del carro continuava a chiedere dove aveva sbattuto l'auto. Non ho risposto nulla. Non avrebbe mai creduto che erano le mani di Antonio che avevano sbattuto contro l'auto.
P.S. Antonio ha detto che mi deve un favore.
Poi non tutti avevano una relazione stabile, per cui il gioco era rinnovato ogni sabato di fronte al distributore dei personal hatù di via Garibaldi, unico ad avere una panchina davanti. Il distributore per indecisi dicevamo. Una volta Oriano, mitico illibato del gruppo, li provò quasi tutti in una sera. Da solo. Lo nominammo vox populi, re della polluzione.
In un pomeriggio di novembre, passo per via Garibaldi e incrocio Antonio, per gli amici inox visto il lavoro di fabbro. Già da lontano notavo qualcosa di anormale, la faccia mi sembrava scura e truce. Mi dice solo: ho bisogno di te, stasera.
Ok e qui fermiamoci con i pensieri sbagliati. Ho sempre portato rispetto per le mani di fabbro, ma questo non significa che la cosa si debba spostare dal rispetto.
Ritornando a Antonio, il piano consisteva nel seguire la Ariella, sua fidanzata storica, nella serata del latino americano. Avremmo dovuto pedinarla con la mia 126 per tutta la sera e seguirla anche nel ritorno a casa. Quanto ad azione si trattava di poca cosa, ma provate a stare in novembre a meno tre in una fiat 126 ferma e spenta e poi ne parliamo. Già al primo parcheggio sembravamo Dolce e Gabbana in una scampagnata erotica: vetri appannati e noi buttati giù per non farci vedere. Il parcheggiatore probabilmente ci aveva visti, visto che continuava a fare il gomitino al collega.
Dopo tre ore di attesa fredda e scomoda, arriva Ariella. Strano. Non sale sulla sua auto, ma su quella di un ragazzo che l'aspetta all'uscita del parcheggio. Sudo freddo (per forza, a meno tre). Antonio non dice nulla, mi fa solo cenno con la testa di raggiungerli. Accendo finalmente la 126 che può scaldarsi e scaldarmi, nell' inconsapevolezza di quello che succederà di li a poco.
Evitando particolari inutili, dico solo che i carabinieri hanno scortato il ragazzo a casa, mentre il carroattrezzi caricava la sua auto. L'autista del carro continuava a chiedere dove aveva sbattuto l'auto. Non ho risposto nulla. Non avrebbe mai creduto che erano le mani di Antonio che avevano sbattuto contro l'auto.
P.S. Antonio ha detto che mi deve un favore.